In Italia, la parità di genere nel mondo del lavoro è ancora lontana

Il 9 settembre 2025 il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo firmato da Valentina Iorio in cui la professoressa Paola Profeta (Università Bocconi) evidenzia che l’Italia rimane indietro rispetto al resto dell’Europa in termini di parità di genere nel lavoro. Nonostante l’occupazione femminile abbia raggiunto un livello record, solo una donna su due è attivamente inserita nel mercato del lavoro, e la nascita di un figlio impatta negativamente sul salario femminile: la perdita economica stimata è del 33%.

La notizia mette in evidenza come, in Italia, la parità di genere nel mondo del lavoro sia ancora lontana dall’essere raggiunta, nonostante alcuni progressi.
L’occupazione femminile ha toccato un livello record, ma rimane molto bassa rispetto alla media europea: soltanto una donna su due lavora. Questo significa che metà del potenziale femminile resta escluso dal mercato del lavoro.
A ciò si aggiunge la cosiddetta “motherhood penalty”: la nascita di un figlio comporta per le donne una riduzione dei guadagni pari a circa il 33%. In altre parole, diventare madre significa spesso rinunciare a opportunità di carriera e subire un forte divario retributivo.
Parità di genere: bonus e incentivi non bastano
Paola Profeta sottolinea che i vari bonus e incentivi introdotti negli ultimi anni – come misure per sostenere la maternità o favorire il rientro al lavoro – non sono sufficienti. Servono politiche strutturali di lungo periodo, che incidano sulla redistribuzione dei carichi familiari, sull’accesso a servizi come gli asili nido e sul cambiamento culturale che ancora vede la cura domestica come compito quasi esclusivamente femminile.
In sintesi, l’Italia mostra segnali positivi, ma resta indietro rispetto agli altri Paesi europei. Per colmare il divario non bastano interventi spot: è necessario un approccio più organico che tenga insieme occupazione, retribuzione, welfare e cultura del lavoro.